L’emergenza COVID-19 ha generato in questi mesi, basti pensare alle problematiche correlate all’ App Immuni, vari conflitti tra libertà individuali e interessi collettivi anche in materia di protezione dei dati personali.
Un conflitto che nasce anche dal fatto che oggi “la raccolta e l’utilizzo dei dati, e in particolare quelli relativi alla salute, hanno acquisito un ruolo fondamentale per contrastare la diffusione del contagio”. E se la disciplina di protezione dei dati “contempla già limitazioni necessarie a garantire la salute pubblica, attraverso criteri di proporzionalità, precauzione e temporaneità”, è proprio “all’interno della cornice di questi principi che si leggono le previsioni e, soprattutto, le deroghe al sistema ordinario di tutela dei dati”.
Il punto problematico riguarda “l’individuazione del livello consentito di limitazione dei diritti, quello strettamente necessario ai fini della tutela della salute”. E in altre parole “la tensione creatasi tra privacy e salute pubblica fino a che punto potrà spingersi”?
Ad affrontare con queste parole il tema della protezione dei dati in tempi di coronavirus è un nuovo rapporto dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) – Rapporto ISS COVID-19 n. 42/2020 – dal titolo “Protezione dei dati personali nell’emergenza COVID-19. Versione del 28 maggio 2020”.
Un rapporto che ricorda come la materia della protezione dei dati sia stata definita un “diritto inquieto” poiché “in dialettica con una tecnica in continua evoluzione e con i molteplici interessi, di natura sia individuale che collettiva, ma che trova forza nella sua funzione sociale”. E nel contrasto al virus essa si rivela indispensabile “rappresentando il punto di equilibrio tra libertà e tecnica, tra persona e società, il presupposto della tenuta della democrazia anche in circostanze eccezionali” (Intervento di A. Soro, Presidente del Garante per la protezione dei dati personali).
Fonte: puntosicuro.it
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